No war Cavallo scalciante Il sicario e la vittima |
Ne diedero riscontro critico: Giorgio Mascherpa (L’Avvenire, Milano, 26 gennaio1973, p. 3); Dino Villani (La Libertà, Piacenza, sabato 27 gennaio 1973, p. 5); Marco Valsecchi (‘Arte e Mostre’: Furore espressionista di Consoli, Il Giorno, Milano, mercoledì 31 gennaio 1973, p. 6); Raffaele De Grada (Giorni – Vie Nuove, Anno III, n° 5, 7 febbraio 1973, p. 72); Gino Traversi (Socialità, Milano, Anno II, n° 3, Marzo 1973); Domenico Cara (Giustizia Nuova, Bari, 15 marzo 1973); Marussja (La Sicilia, Catania, 15 marzo 1973, p. 3); Elda Fezzi (Le Arti, ‘Mostre a Milano’, n° 4, aprile 1973, p. 53). Il 1° maggio 1974, per la Legge sull’esodo volontario degli ex Combattenti e Reduci dall’ultimo conflitto mondiale, andai in quiescenza anch’io, cinquantacinquenne. E poiché Carlo Munari aveva decifrato e scandito nitidamente il mio percorso, ne colsi l’antinomia tra disegno e colore che vincolava all’oggettività naturalistica il fluire delle forme nella mia definizione espressiva. E parafrasando spregiudicatamente l’insigne eredità ceramografica attica e macroellenica, affidai alle fluide escursioni del colore arancione sul fondo nero il libero disporsi organico delle mie spontanee connessioni formali. Esposi da Gipico ad Arese dal 5 al 30 aprile ’75 le primizie di quella nuova fase, che, pur considerandola “imprevedibile”, Carlo Munari riconosceva, nel catalogo, “motivata, soprattutto, dall’incombere di un dolore per l’ingiustizia che colpisce l’uomo, dall’urgere di una denuncia per la continua crocifissione cui esso è sottoposto, dal prorompere di una protesta che non è sterile ma vuole additare la via della salvazione giusto evocando a monito le situazioni negative: l’odio, la violenza, il sopruso, la ferinità, anche il sesso disancorato dalla natura e ostentato lubricamente come futile moda”. E’ del 1976 la produzione in 32 esemplari della stampa No war. Protrassi quella fase fino a tutto il ’77, ma ne mostrai gli esiti solo dal 10 al 29 marzo ’84, alla Galleria Ciovasso di Giovanni Billari. Recensì quella Mostra Gianni Prè (Visto a Milano, Alla Bottega, Anno XXII, n° 4, luglio-agosto 1984, pp. 50/51). Nella rubrica “I Galleristi informano” (Arte – Giorgio Mondadori – Bolaffi, n. 141 del Maggio 1984, p. 97), sotto la riproduzione del Cavallo scalciante di Consoli, esposto alla Ciovasso, c’era una breve nota anonima: “Fedele alla periodicità distanziata delle sue personali milanesi (1956, ’63, ’73), Giuseppe Consoli, siciliano attivo a Milano da oltre un quarto di secolo, ha presentato una selezione di 26 dipinti finora inediti. La fondamentale bicromia dell’arancione su fondo nero, con variazioni policrome di essenziale raffinatezza, ne caratterizza le raffigurazioni, sia in immagini singole di scultorea prominenza, sia in condensate composizioni di intensa drammaticità”. Devo d’altronde precisare che intanto, nel gennaio 1978, sollecitato dall’amico Ugo Ferroni, mi ero ripresentato a Catania (ne mancavo dal ‘56), alla Galleria La Racla di Rosetta Palmisciano, con grandi disegni ad inchiostro ‘ecoline’ a punta di penna, elaborati di getto a Milano: bizzarri congegni strutturali di vario modellato, a falde metalliche e articolazioni sbilenche o conglomerati plastici polimorfi, prominenti da fondi neri. |