Letti a castello Block 3 stube Wietzendorf (particolare) |
Nella Stazione Ferroviaria scesi per bere ad una fontanella. Mi trovai accanto, riconoscendoci insieme a vicenda, Cola ‘u Checcu, autista di Mascalucia, occasionalmente venuto a Messina in mattinata. Si compiacque del mio ritorno e si offerse di riportarmi a casa. Riacciuffai il mio lercio zaino e vìa! Chiesi a Cola se avesse visto mio padre in quei giorni. Mi rassicurò. Sapeva che preannunciasse i reduci in arrivo il giornale di Catania. Ne comprò una copia che compulsai in macchina: reduce anch’egli da Wietzendorf da due giorni, Melo Messina preannunciava tra gli altri anche il mio ritorno. Per tutto il lungo viaggio da Messina a Catania, allora tra i vari comuni consecutivi, raccontai a Cola episodi della mia vita militare, in Italia, ad Atene, a Rodi e in Germania. Si era fatta quasi sera. Quando arrivammo davanti al Palazzo Somma, nella piazza della chiesa di s. Vito, patrono di Mascalucia, Cola mi lasciò in macchina, e andò a casa mia. Raccontò di avermi incontrato verso mezzogiorno alla Stazione di Messina, in tradotta, per cui si era fatto un dovere di informare la famiglia. Potevo essere ormai a Catania, e quindi arrivare in paese da un momento all’altro. Intanto, io ero uscito dalla macchina, e mi avevano riconosciuto, dandomi il bentornato alcuni paesani che ravvisavo a malapena. Superati i convenevoli, quando Cola tornò, ci avviammo tutti verso casa mia. Graziella era già in vedetta al balcone e Papà era sceso in strada, preannunciando il mio ritorno ai nuovi inquilini del piano terra, il sarto Vito Reìna con la moglie Anna, e agli altri vicini di Via Roma. La Mamma mi attese in cima alla scalinata mentre Graziella accorreva. Li serrai stretti tutti e tre al mio cuore, come non mai, Papà, Mamma e Graziella. Non c’era più, ahimè, la carissima Zia Anna. Quella serata, comunque, fu per noi incomparabilmente gioiosa. Il risvegliarmi la mattina dopo entro il mio letto (secondo la celebre canzone milanese), mi riportò alla serena valutazione della realtà: mi erano rimasti quattro esami e la tesi di laurea. Ripresi i contatti con l’Università. Il mio corso rimaneva quello del 1941/42: ‘Annibale in Italia’, per la Storia Romana, ‘Plotino e la Scuola Neoplatonica’ per la Storia della Filosofia. Mi proposi di liberarmene al più presto. Il 6 Agosto, apprendemmo dalla radio il lancio della prima bomba atomica americana su Hiroshima. Niente poteva giustificare quello sfoggio disumano di tecnologico sterminio! |