Antologia critica
Anni ’90
1999
Sergio Spataro
Giuseppe Consoli, nel campo della pittura, non è l’ultimo venuto. Nato all’indomani della prima guerra mondiale sulle pendici dell’Etna, ha iniziato a dipingere da autodidatta nel 1935 con un tipo di disegno di stampo naturalistico, anche se via via ebbe poi modo di affinare e approfondire gusti e cultura, non solo mediante il concreto fare, ma soprattutto attraverso i livelli teorici conseguiti. Dopo il ritorno dalla prigionia di guerra in Germania, nel 1945, incomincia a esporre in mostre collettive. Nel ’48 è presente alla Quadriennale di Roma e, trasferitosi a Chieti, si dedica anche alla ceramica e alla scultura in terracotta. E’ qui che nel ’50 ha luogo la sua prima personale, mentre nel ’50 e’51 viene premiato a Suzzara. Di questo periodo è rappresentativo il vasto dipinto dedicato alla «Strage di Portella della Ginestra» ora nella sede romana della Confederazione Generale del Lavoro. (…) La mostra odierna che per la prima volta offre al pubblico l’ultima fase della sua pittura, costituisce perciò un ritorno. Attenendoci alla sola pittura, si può dire in generale che Consoli non si è mai «fissato» in un’unica e immediatamente riconoscibile soluzione stilistica. Temperamento tipicamente mercuriale, magmatico e ribollente come la lava della terra natia, la sua ricerca sperimentale e sempre aperta al nuovo, resta eccitata dagli stimoli del suo vissuto autobiografico. (…) Consoli insomma «è libero inventore delle forme, libero da tutti gli schemi correnti». (…) proliferante espansione di forme nello spazio, secondo agglomerati fantastici e visionari che traducono la spontaneità delle associazioni inconsce come avviene tipicamente nelle opere che oggi presenta. Anche sotto questo profilo peraltro rientrano nella tradizione del «barocchetto » mediterraneo di stampo espressionista: pur perfettamente visive e costruite con accesi colori, le forme fantastiche di Consoli costituiscono una realtà intellettuale e non sensoria. Attività fantastica della mente significa anche restituire l’immaginario alla sua funzione più precipua, che è quella di praticare lo strano e l’insolito per farlo rientrare nella norma (…) ricerca del perturbante: nelle forme di figurazione fantastica avviene cioè quello che viene chiamato «passaggio di soglia», come ad esempio dalla dimensione della realtà a quella del sogno, che dal quotidiano e dal consueto ci trasporta all’inesplicabile e all’estraneo, appunto al perturbante.
“Giuseppe Consoli «Percorsi dell’immaginario come libere forme fantastiche » “
Controcorrente, Anno V, n. 17, dicembre, pp. 72 – 73